Larry Clark

Non potevo non essere attratta da quella foto di tre metri  per tre che campeggiava ben in vista sulla facciata di quello strano edificio, che ho poi scoperto essere il C|O  (International Forum For Visual Dialogues).

C|O Berlin

Di conseguenza mi sono avventurata all’interno e, dopo le solite scenette per convincere l’addetta alla cassa che sono ancora una studente, ho cominciato il mio personale viaggio nell’universo di Larry Clark. Premetto che non avevo mai sentito parlare di lui, ma quando nel pannello d’apertura della mostra ho letto che ha cominciato a sedici anni a farsi di anfetamine e fotografare i suoi amici che si drogavano ho capito che c’era il rischio che nascesse un grande amore “platonico” tra di noi. La mostra parte per l’appunto dai primi lavori di Clark realizzati a Tulsa in Oklahoma, sua città natale, durante i primi anni sessanta, raccolti e poi pubblicati nel 1971 in nella raccolta “Tulsa”. I soggetti sono quelli che Larry si porterà dietro per quasi tutta la vita: bei ragazzi nudi (di quel bello che già preannuncia gli anni settanta, quindi dimenticate muscoli gonfi e sopracciglia depilate),  belle fichette che si rotolano nel fango e nei/fra i cazzi, e ovviamente droga e criminalità a volontà. Tuttavia, so già che molti di voi a questo punto storceranno il naso ma credetemi, le foto sono di una bellezza sconvolgente. Clark utilizza un bianco e nero equilibratissimo, le composizioni sono sempre perfettamente studiate, di una bellezza formale che denota un’occhio attentissimo e educato. Non stiamo parlando di un reportage nel mondo della droga fatto da qualcuno che aveva un amico tossico e si è fatto qualche giorno con loro, stiamo parlando di un ragazzo che all’ epoca amava probabilmente moltissimo la sua vita e i compagni che si era scelto e lo testimoniava con queste foto.

I soggetti, i ragazzi che si lasciano ritrarre nudi senza alcun pudore ma senza neanche malizie sapevano benissimo che dall’altra parte dell’obiettivo c’era una persona come loro. Ed è forse per questo che le fotografie sono così belle, perchè riescono a restituirci l’intimità di vite vissute oltre ogni regola e modo. La mostra poi prosegue esponendo lavori compresi in “Teenage Lust” pubblicato nel 1983 e “A Perfect Chilodhood” edito nel 1992. Larry lascia perdere, più o meno, la droga (e sospetto anche che finalmente si sia fatto ricoverare) e si concentra sulla sessualità adolescenziale e in particolare sui giovani maschi aitanti che vengono portati come modelli per i giovani ragazzini americani negli anni Ottanta. Molto bella e curata l’esposizione, che in questa parte  mescola poster di stelline del cinema anni ’80, ritagli di giornali di cronache piccanti (cose tipo 12enne fa sesso con la sua insegnate di 45anni) oppure drammatiche (vedi quattro 13enni stuprano bambina di 10 anni), parti di lettere di Larry e suoi disegni/appunti.

Infine, le ultime due sale sono dedicate agli ultimi lavori di Clark raccolti in “Los Angeles”. Qui il nostro si addentra nel mondo degli skaters latinos seguendo in particolare  per un paio d’anni Jonathan Velasquez. Devo essere sincera, sarà perchè queste foto sono a colori, sarà che sono immune al fascino dal baffo e degli occhi neri, ma preferivo di gran lunga i capelloni magri in bianco e nero. Quando sono tornata a casa mi sono lanciata in una maratona dei suoi film e, se non siete troppo sensibili di cuore e scioccabili, ve li consiglio.